Il medico più amato della tv tornerà con i nuovi episodi su Canale 5 all'inizio del 2009. Intanto il suo interprete si confessa a Sorrisi in un'intervista esclusiva e racconta come è nata la sua carriera di attore («Un fantastico modo per ammazzare il tempo durante l'Universtà») e perché si farebbe curare da lui senza paura. E ci confida un segreto: «Anch'io come il mio personaggio ho timore di gioire». (18/7/2008)
Plainsboro Teaching Hospital. È l'ospedale dove opera il dottor Gregory House e dovrebbe essere nel New Jersey. Lo troviamo invece ricostruito in due padiglioni degli studios della 20th Century Fox di Los Angeles: gli stessi dove in passato sono stati girati film leggendari come «Tutti insieme appassionatamente» o «La guerra dei mondi». Ora i due teatri di posa sono a totale disposizione del Dottor House, carismatico brontolone, interpretato dall'attore inglese Hugh Laurie. Quando lo incontriamo sul set, durante l'intervallo del pranzo, sta memorizzando una frase che ha una pronuncia traditrice, per un inglese come lui. «La cosa più difficile di questo personaggio è l'accento americano» dice sbuffando. «È una costante spada di Damocle sulla mia intera interpretazione. È veramente una rottura» aggiunge stralunando gli occhi. Gli mostro subito una recente copia di «Sorrisi» dove appare il suo doppiatore italiano Sergio Di Stefano. «Questo problema da noi però non esiste. House parla un ottimo italiano» gli dico. È impagabile vedere il volto sorpreso di Laurie. «I am speechless, (sono senza parole)» mormora. Prima dell'interruzione per il pranzo abbiamo assistito a un'intensa ripresa del quinto episodio della quinta serie, quando uno spietato House licenzia Tredici. Osservando Laurie al lavoro non posso non pensare a suo padre, che nella vita era un vero medico. E allora inizio a domandare...
Mr. Laurie, avverte mai la presenza di suo padre sul set?
«In una maniera o nell'altra c'è. Sebbene fosse molto diverso da House. Era raffinato e gentile, incapace di dire qualcosa che deliberatamente potesse far male alla gente. Era un medico di famiglia e sarebbe stato scandalizzato dalle brusche maniere di House, ma sarebbe anche rimasto ben impressionato dal suo intelletto. Si sarebbe divertito a seguirmi in questa serie, ma ci ha lasciati nove anni fa».
Le ha mai detto nulla della sua carriera d'attore?
No, e penso che gli sarebbe piaciuto che diventassi medico come lui. Ricordo ancora con un certo rammarico quando mi portò al London Hospital. Lo vedo come adesso, orgoglioso di mostrarmi ai suoi colleghi, ma io avevo 16 anni e altri grilli per la testa».
E quindi che cosa ha fatto?
«Sono andato all'Università di Cambridge per studiare Antropologia (sorride), un modo per prolungare le mie indecisioni su cosa fare da grande. Fa parte della mia immaginazione fantastica. Da bambino mi creavo dei mondi tutti miei, pieni di mostri e draghi che si combattevano. Oppure mi immaginavo come atleta, come scalatore di vette impossibili o come eroico soldato in guerra».
Quindi già usciva fuori l'attore in lei?
«Quella di fare l'attore fu una fantastica maniera per ammazzare il tempo quando ero all'università, finché non incontrai Stephen Fry (popolare attore inglese protagonista del film «Wilde», ndr). Era un giovane saggio. Parlava come avesse 40 anni, ma era mio coetaneo e mi fece capire subito che la recitazione è un'arte. Abbiamo formato una compagnia teatrale in un periodo molto fortunato, i primi anni Ottanta».
Nella vostra compagnia c'era un'altra illustre attrice, Emma Thompson.
«Fu proprio Emma che mi presentò a Steven. Insieme non facevamo altro che scrivere e interpretare scenette demenziali. Tutti e tre siamo ancora amici oggi. Ridiamo parecchio quando ci ritroviamo insieme».
Quando l'abbiamo incontrata quattro anni fa lei ci ha detto che il personaggio di House era tutto nelle pagine del copione e che lei non ha fatto altro che interpretarlo.
«Era assolutamente falsa modestia».
Che cosa ha aggiunto al personaggio?
«Spero che ora House sia più giocherellone. Cerco sempre di far uscire il suo lato fanciullesco. Agli inizi della serie lo sentivo come una specie di fantasma dell'opera. Era così fisicamente e mentalmente segnato che non voleva farsi vedere, nemmeno dai suoi pazienti».
Lei è diventato sexy facendo il Dr. House. Perché?
«È illuminante. Ho letto una teoria che spiega perché le donne considerano House un uomo sexy. Sosteneva che House è sexy perché non si arrende mai. Finge di fregarsene di tutti, ma in realtà si prende cura dei suoi pazienti fino a rischiare la propria vita per loro. Una teoria che mi trova perfettamente d'accordo».
Che cosa ha Hugh Laurie in comune con House?
«Il timore di gioire. Sembra che House abbia paura di essere felice. Se abbraccia la gioia corre un rischio perché, se poi questa gli viene tolta, teme di finire peggio di prima. E in qualche strano e contorto modo lo faccio anch'io. È un innato senso di colpa, forse per questa strepitosa fortuna che mi è capitata nella mia carriera».
Si affiderebbe alle cure di un medico come House?
«Assolutamente. Per fortuna sono arrivato a 49 anni senza mai ricorrere a un medico, ma se dovessi averne bisogno preferisco un ottimo dottore scorbutico a uno gentile e meno abile». Come rimane in salute?
«Forse papà mi ha tirato su bene. Ma oggi non faccio altro che bere caffè e fumare sigarette: finora mi è andata bene. Però pratico la boxe: è diventata la mia terapia. Mi aiuta a sopportare il ritmo di 24 telefilm di un'ora girati in 10 mesi: mi insegna in qualche modo a rallentare. Quando sei sul ring i tre minuti di un round diventano una eternità! E scopri che se potessimo assaporare la nostra intera vita così intensamente come in quei tre minuti, sarebbe come vivere migliaia di anni».
Fonte: http://www.sorrisi.com/sorrisi/diretta/art023001043101.jsp
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